Intervento di Davide (medico di Pronto Soccorso):
“Buongiorno a tutti e tutte, mi chiamo Davide, sono un medico di Pronto Soccorso e attivista del Laboratorio Salute Popolare, un collettivo politico-sanitario che nasce per sottolineare il riduzionismo della biomedicina nella dimensione della salute. Oggi sono qui insieme a voi ed a tutte le realtà presenti per manifestare, resistere e alzare la voce di fronte ad un modello di società che da ormai 40 anni sta dimostrando di non reggersi più in piedi: diciamolo subito chiaramente anche di fronte ad un ospedale che nel panorama nazionale è considerato virtuoso: la destrutturazione del sistema sanitario nazionale è solo un tassello all’interno di un panorama molto più ampio di disuguaglianze galoppanti.
Il laboratorio ha lavorato parecchio sulle marginalità, ha conosciuto alcune di queste disuguaglianze e le voglio prendere come esempio per denunciare le ingiustizie stesse.
Forse molti di noi non ci fanno nemmeno caso quando nei vari format e documenti da compilare ci vengono richiesti il codice fiscale e l’indirizzo di residenza, è una banalità averli, è ovvio che da quando sono nato esisto e sono fisicamente nel mondo. Vi posso assicurare che non è così scontato averli ed ottenerli; vi posso assicurare che il potere o asset sociopolitico (chiamiamolo come ci pare) prevede dei duri e ingiusti percorsi per molti esseri umani che hanno l’unica colpa di vivere ai margini, istituzionalmente marchiati nella marginalità di un sistema che perpetua e scopre il nervo di chi rimane dietro: senza codice fiscale, senza residenza, una persona non può iscriversi al SSregionale e non può avere cure di livello e gratuite! Si entra in un limbo grigio pieno di violenza strutturale: domicili e residenze in nero pagati a tassi da usura pur di mantenere la residenza, alcuni avvocati talvolta conniventi, percorsi di residenza fittizia che prevedono appostamenti della polizia a controllare la marginalità e ancora tanto. Il tutto ovviamente sulla pelle di chi rimane indietro…neoplasie non curate, scompensi cardiaci e glicemici lasciati per strada, donne che non possono fare un’ecografia morfologica durante la gravidanza.
Apriamo poi il triste capitolo delle esenzioni ed in particolare nella declinazione degli irregolari che ci ha visto muovere come Laboratorio Salute Popolare: i codici o tesserini STP (straniero temporaneamente presente) ed ENI (europeo non in regola, per Bulgaria e Romania).
Sarò sintetico: la costituzione prevede la salute come diritto inviolabile per tutti; scritto così funziona, nella realtà dei fatti il codice STP non è riconosciuto da tutte le regioni e in ER garantisce solo un’esenzione di 2 mesi…dopo due mesi, o paghi o nessuna cura.
Mi preme sottolineare che tutte le disuguaglianze finora descritte cadono in un attimo nel momento in cui la persona è un lavoratore o lavoratrice: dal momento che sei un atomo o un suddito produttivo è ovvio che verrai curato: che sia un permesso di soggiorno per motivi di lavoro o che tu possa pagarti un’assicurazione privata di certo riceverai cure. Allora diventa facile ma essenziale se si vuol pensare radicalmente in una maniera diversa in un sistema in decadenza chiedere non solo che la salute sia garantita a tutti, ma che esista un reddito di emergenza oggi e di base domani per tutti e tutte (e aggiungo uno stipendio minimo maggiore del reddito di base perché anche 500 euro al mese per 15h di lavoro al giorno, di dignitoso hanno ben poco).
Ben inteso a tutti che le richieste di oggi non hanno un taglio di elemosina, noi le chiediamo con forza perché se non sono garantite la colpa non è genericamente della storia (così è e così sempre sarà): la colpa condivisa è di chi le regole del gioco le scrive: dei più o meno grossi asset socioeconomici che influenzano e decidono come distribuire la ricchezza! È questa la causa dei continui tagli al mondo della sanità, delle poche assunzioni di medici e specializzandi (ed anche delle centinaia di medici e infermieri morti nella pandemia), è questa la colpa del fatto che in Pronto Soccorso ho posti e spazi limitati e non so bene come distribuire covid postivi e persone non covid. È ancora la ragione strutturale di una debolezza della medicina territoriale che non riesce del tutto a fare da filtro.
Ci sarebbe ancora molto da dire…dal tema della carenza dei trasporti pubblici, alla sacralizzazione dei luoghi del consumo e di produzione e approcciandosi criticamente anche al nucleo fondante del concetto stesso di salute che si avvicina troppo speso all’idea di “in forma per consumare e produrre”….ma l’invito o meglio la pretesa finale è che tutti i fondi Next EU che spetteranno allo Stato rientrino e vengano utilizzati strategicamente per ridurre il groppone crescente di disuguaglianze, che siano investiti in politiche sociali e non liberiste e che ancora il tutto sia accompagnato ad una riforma radicale del sistema economico basata su una tassazione patrimoniale periodica sui redditi elevati e progressiva”.
Intervento di Francesco (psicologo):
“Buongiorno a tutte e tutti, riuscire a discutere insieme, attivamente, facendoci sentire, è il modo migliore per essere vicini a chi sta lavorando spesso silenziosamente in prima fila. È la comunità che ci può aiutare. Costruire reti, parlarci, relazionarci e costruire insieme, tutte e tutti quanti insieme. La pandemia, lo sapete bene, è una situazione che può solo degenerare il livello di salute psicologica del paese. Io sono uno psicologo e spesso vivo la frustrazione di vivere in un’Italia dove siamo considerati come un lavoro non essenziale, da far pagare ai cittadini. Anche se si conoscono gli effetti benefici dell’introduzione dell’intervento psicologico, e nelle sue ricadute come la riduzione della spesa sanitaria per effetti collaterali dati dalla prevenzione e dall’attenzione nella sfera della salute mentale, ci troviamo in un Italia dove l’uso degli psicofarmaci nei medici è molto alto, le benzodiazepine così come gli antidepressivi in alcune fasce della popolazione si sono raddoppiate negli ultimi anni e, al contempo, vediamo ancora una piccola spesa e presa in carico psicologica. La psicologia deve continuare ad essere un lusso?
Sappiamo da tanti studi che i sanitari che lavorano senza sosta in questa trincea sono a rischio burn-out; medici e infermieri esposti a livelli elevati allarmanti di stress, in solitudine, sotto le tute, presentano in circa il 50% (50%!) dei casi sintomi post-traumatici legati a stress, depressione, ansia e insonnia. Il lavoro, condotto dall’Università dell’Aquila in collaborazione con l’Università di Roma Tor Vergata, ha coinvolto 1.379 operatori sanitari, che hanno compilato un questionario ad hoc. È emerso che 681 operatori (49,38%) mostravano sintomi ‘spia’ di stress post-traumatico; 341 (24,73%) di depressione; 273 (19,80%) di ansia; 114 (8,27%) insonnia e 302 (21,90%) stress.
Oltre a ciò dobbiamo far luce su alcuni effetti collaterali della malattia da coronavirus, il cosiddetto LONG COVID… come la “nebbia cognitiva” che colpisce il cervello e genera confusione, perdite di memoria, difficoltà a concentrarsi, in un paziente su venti, dopo aver avuto la malattia del coronavirus. Dobbiamo tutti interessarci a questo problema, e capire a livello socio-psicologico cosa sta accadendo, prendere parola per curarci dal punto di vista non solo dal punto di vista fisico ma anche quello della mente; costruire un vero dibattito pubblico sulla salute mentale, e non parole sketch, grottesche, che affermano lo spettro del disagio ma lo negano poi nei fatti e nella erogazione di risorse. L’unica cosa che questo governo ha fatto per la salute mentale è stato mettere a disposizione una linea telefonica emergenziale gratuita durante il lockdown. In questo contesto così allarmante, bisogna essere strategici, costruire una salute mentale di prossimità, di comunità, territoriale, dentro gli ospedali e dentro la medicina territoriale, il tanto osannato ma mai effettivamente voluto Psicologo di Base o delle Cure Primarie. Finalmente un’integrazione all’interno del sistema di cura territoriali”.