Come Laboratorio Salute Popolare, come Làbas, come Comunità crediamo che non possa esistere Salute senza le rivendicazioni politiche e sociali che sono state portate avanti in queste settimane di lotta cittadina.
Le lotte dei riders e dei lavoratori e delle lavoratrici dello spettacolo per un lavoro degno, tutelato e tutelante.
Le lotte per la tutela della scuola e della formazione, strumento di empowerment imprescindibile e pericolosamente messo in secondo piano in questi mesi di emergenza sanitaria.
Le lotte per il diritto all’abitare, per avere un tetto sopra la testa, senza il quale diventa impossibile parlare di dignità, accoglienza, inclusività e salute.
Immaginate di avere il diabete, ma non avere un frigo in cui poter conservare l’insulina, l’unico farmaco che può salvarvi la vita da un grave scompenso iperglicemico che, nel giro di pochissimo tempo, può portarvi al coma e alla morte.
Immaginate di dovervi sottoporre a un intervento chirurgico, ma non avere la possibilità di avere un alloggio in cui trascorrere le delicate settimane successive all’operazione e dovervi quindi trovare a scegliere fra l’operarvi e morire per complicanze post-operatorie o non operarvi e morire proprio per non esservi operate.
Immaginate di avere un tumore alle ossa, perdere il lavoro, non poter più pagare l’affitto in nero della casa in cui vivevate con altre 10 persone e ritrovarvi per strada, durante una pandemia mondiale, con dei dolori sempre più lancinanti man mano che il freddo aumenta.
Queste sono solo alcune delle storie che in questi mesi ci hanno raccontato le persone che hanno attraversato il nostro ambulatorio.
E mentre nei salotti televisivi si discute sulle terapie intensive di nuovo sature e sulla mancanza di posti letto e personale per assistere i malati, ci si dimentica di ricordare che la tragedia sanitaria e sociale che stiamo vivendo con questa pandemia non è altro che la conseguenza più chiassosa ed evidente di una politica che negli ultimi 10 anni ha tagliato 37 miliardi di euro al servizio sanitario nazionale.
La conseguenza più chiassosa ed evidente di Governi di ogni colore che hanno annientato le cure territoriali eliminando, ad esempio, i punti nascita nell’Appennino ed interi ospedali nelle piccole-medie province senza mai smettere però di investire fondi pubblici sulla sanità privata e sul cosiddetto privato convenzionato.
Ci stiamo avvicinando verso nuove chiusure perché la diffusione del Covid dilaga e al momento non esiste strumento di gestione più efficace del distanziamento sociale.
Nel pieno di questa consapevolezza, però, non dobbiamo e non possiamo permettere che questa pandemia diventi il capro espiatorio per abusi di potere, imbavagliamenti e strategie politiche che, con la scusa di dover prendere decisioni in stato di emergenza, non facciano altro che alimentare ed aggravare disparità e disuguaglianze.
Oggi siamo qui in piazza proprio perché di fronte a un’emergenza sanitaria ancora poco controllabile e che ha scardinato ed evidenziato le falle di ogni Sistema, vogliamo costruire insieme una radicale inversione di rotta e far sentire la voce delle nostre lotte quando ci sarà da decidere come impiegare i fondi europei che arriveranno nei prossimi mesi.
Bisogna chiedere con forza Reddito, Salute e Diritti.
Bisogna chiedere che la crisi sanitaria ed economica sia pagata da chi se lo può permettere, in modo che si costruisca davvero uno Stato Sociale e di diritto in cui chi ha di più paga anche per chi non ha.
Bisogna chiedere una patrimoniale per redistribuire la ricchezza e un reddito universale per restituire dignità alle persone.
Bisogna chiedere che il Servizio Sanitario Nazionale torni davvero al centro delle politiche e degli investimenti del Paese.
La pandemia, in questi mesi, ha contribuito a scuotere le coscienze anche di coloro che per molto tempo avevano incorporato in silenzio le malate regole capitalistiche.
Ora è il momento di gridare a gran voce e collettivamente che questo drammatico momento storico non fornisca il pretesto al Potere per annullare ed eliminare le esperienze di autogestione, fucine di controcondotte virtuose e resistenza, ma che sia invece il momento per rivoluzionare il sistema dalle basi.
Le ingenti risorse economiche smosse da un’Europa che rimane ancora troppo amica dei mercati e non dei popoli non possono e non dovranno essere investite in altro se non in uno stato sociale, fondato su giustizia, equità, dignità e diritti.
L’obiettivo non deve essere quello di ottenere punti positivi di Pil, ma di garantire una qualità di vita dignitosa a tutte e tutti, in primis a chi, fino ad oggi, non se l’è potuto permettere.
Rilanciare la sanità pubblica, rendere i trasporti gratuiti per le fasce della popolazione meno abbienti, istituire un reddito di disoccupazione, di quarantena e di emergenza, rendere l’università gratuita e la vita nelle città universitarie davvero accessibile, rendere la ricerca scientifica indipendente, tutelare le persone migranti. Questo è quello che chiediamo.
Il cambio di rotta sta nel non investire energie e risorse che permettano al capitale di proliferare ancora, ma lavorare e ricostruire una società equa e inclusiva in cui nessun* viene lasciat* indietro.
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